Si è svolto il 25 gennaio scorso, ad Amaseno, un incontro fra il mondo della ricerca, rappresentato dall’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, il tessuto produttivo locale incentrato sulla filiera bufalina, la categoria dei consulenti e degli innovation broker del settore agricolo . L’evento denominato: “Amaseno: una dimensione rurale da porre al centro della strategia regionale” si è svolto presso la sala parrocchiale di Amaseno.
L’obiettivo della definizione di un percorso condiviso, fra mondo accademico e attori dello sviluppo rurale nella visione Akis (Agricultural Knowledge and Innovation Systems), ovvero la nuova politica agricola comune definita dall’Unione Europea nel 2020, diventa centrale perché la costruzione ed il rafforzamento del sistema dei saperi, l’innovazione sociale, la crescita del capitale umano e delle competenze, sono obiettivi specifici della nuova PAC (Politica Agricola Comune) per il 2023-2027.
Quello svoltosi ad Amaseno è stata solo una tappa di un percorso di 5 anni, pianificato, in un precedente convegno tenutosi a Frosinone il 16 dicembre scorso, insieme all’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, volto a definire le esigenze specifiche delle diverse filiere. Necessità da inquadrare nell’organizzazione di tavoli dedicati. Nel caso dell’incontro del 25 gennaio scorso ad essere interessata è stata la filiera bufalina.
Grazie alla regia del network Re.La.Te (Rete Laboratori Territori in connessione), con la collaborazione del Gruppo di Azione Locale (GAL) Terre di Agril – in particolare il presidente Adriano Roma, il vice presidente Ernesto Migliore, il direttore tecnico Matteo Salvadori e il consigliere Domenico Rinna – docenti dell’università hanno potuto concordare un percorso formativo comune insieme agli imprenditori, con l’ambizione di far diventare Amaseno e la filiera bufalina, un modello avanzato, in termini produttivi, sociali ed ambientali, per tutto il comparto primario e non solo.
Insieme al professor Carlo Russo, docente associato presso il dipartimento economia e giurisprudenza delll’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, nonché professore di economia della imprese agroalimentari e di agribusiness, da tempo collaboratore di Re La Te, per l’ateneo Cassinate sono intervenuti: il professor Luigi Ferrigno docente per lo sviluppo tecnologico applicato allo sfruttamento dell’energia, alla logistica e alla sostenibilità ambientale dell’innovazione tecnologica; Il professor Giovanni Betta, pro-rettore dell’Università di Cassino, oggi responsabile della formazione tecnica per la costituzione di un tecno polo destinatario di finanziamenti per progetti di sviluppo tecnologico; Il professor Alessandro Marino, docente di robotica applicata all’agrifood; il professor Roberto Bruni, esperto di marketing territoriale. A supportare i professori dell’ateneo cassinate il dottor. Vincenzo Tiscia dell’ordine dei tecnologi alimentari. Il tessuto produttivo della filiera bufalina era adeguatamente rappresentato da imprenditori e veterinari , come Cesare Lauretti, presente in veste sia di imprenditore che di veterinario .
Per avere una dimensione delle attività che si sviluppano intorno al settore bufalino, secondo quanto riferito da Maurizio Faidoni, vice sindaco di Amaseno ed imprenditore del settore, nel comprensorio si contano circa 200 aziende per lo più tutte a conduzione familiare, circa la metà hanno dei dipendenti. Di queste otto provvedono anche alla trasformazione del prodotto e si rivolgono a professionalità esterne, così come l’unico caseificio di filiera presente, il quale, ha espresso la necessità di un supporto logistico in grado di trasportare la mozzarella in tutta Italia, in particolare nel nord in cui la scarsa conoscenza dei prodotti bufalini, con le dovute azione di marketing, può diventare un’area di espansione della filiera.
Su questa conformazione produttiva i professori hanno identificato e proposto agli allevatori tre macro aree di azione condivise: sviluppo tecnologico, formazione, organizzazione. Come ha spiegato il professor Russo, la costituzione di un dipartimento agroalimentare prevede l’attivazione di corsi di laurea triennali di base, con l’obbligo di avere ogni anno 150 iscritti. Un numero di studenti che difficilmente il territorio potrà totalmente assorbire ed impiegare nell’agrifood. Molto più efficace potrebbe essere la pianificazione di corsi di perfezionamento, o master, sulle singole tematiche, le quali, per essere sviluppate, necessitano di un’analisi delle competenze presenti nelle realtà produttive. Nell’ambito di queste competenze, anche per la sollecitazione degli allevatori, emerge la figura dell’innovation broker. Un consulente in grado di utilizzare e preordinare delle tecnologie strutturate sulle esigenze dei singoli allevamenti, che coinvolgano il processo ed il prodotto.
E’ fondamentale far interagire, in un percorso comune, tecnologia, formazione ed organizzazione. Rimanendo nell’ambito dello sviluppo tecnologico, gli allevatori presenti rimarcavano la necessità dell’interazione della robotica con le esigenze specifiche degli allevamenti. Ma soprattutto che la specializzazione robotica nella singola azienda non distolga dall’obiettivo principale che è comunque il bene dell’allevamento. Uno specialista della cura degli animali che utilizza la robotica per migliorare la qualità del lavoro, deve essere in grado, qualora dovesse venire meno il supporto tecnologico, di accudire il bestiame con i metodi tradizionali.
Un esempio di interazione fra tecnologia formazione e ed organizzazione è data dalle logistica e la gestione dalla catena del freddo. In termini di marketing la mozzarella di bufala, ma anche la carne bufalina, non è molto conosciuta e diffusa al di fuori del basso Lazio e della Campania. E’ necessario farla conoscere, e riuscire a trasportarla soprattutto nelle regioni settentrionali. A questo scopo serve uno sviluppo tecnologico logistico in grado di migliorare la catena del freddo e offrire soluzioni di packaging meno onerose. Su questo tema s’innesta anche una problematica di ordine legislativo. Le procedure di trasporto dei latticini sono settate sulla mozzarella bovina che necessita, per mantenere inalterate le sue proprietà, di una temperature di trasporto di 4-5°. Ciò non è necessario per i latticini di bufala, che però , devono , non essendo previste normative specifiche, rispettare le stesse modalità di trasporto dei latticini bovini. Ugualmente la mancanza di norme specifiche determina difformi procedure di controllo sanitario da una Asl ad un’altra, cambiando così le modalità distributive da un luogo ad un altro. In realtà le normative europee, in merito, sono estremamente chiare, ma risulta difficile metterle in pratica rispetto ad una legislazione nazionale farraginosa e, per certi versi, incomprensibile .
Altro elemento che richiede una trattazione connessa è lo smaltimento dei reflui. Dove, da un lato necessitano tecnologie in grado di trasformare in modo più efficace i reflui in fertilizzanti di derivazione naturale, o utilizzarli per la produzione di bio energia, dall’altro un’organizzazione logistica orientata al trasferimento dei reflui zootecnici in zone a vocazione ortofrutticola che necessitano di concime naturale non in grado di produrre autonomamente . In mancanza di legislazioni dedicate e di processi definiti, è emerso, da parte degli allevatori, l’esigenza di stabilire contatti con imprenditori di altri territori per confrontare le proprie pratiche produttive. Ad oggi le procedure attive sono attinte pedissequamente dagli allevatori campani . In questa ottica serve completare un lavoro multidisciplinare in grado di fornire delle basi storico-conoscitive più puntuali su cui fare riferimento.
L’aspetto relativo al marketing e alla promozione è risultato ugualmente di importanza rilevante. Alcuni allevatori richiedono professionalità in grado di saper promuovere e vendere il prodotto all’esterno dell’azienda, comunicandone, e valorizzandone, le peculiarità che lo identificano rendendolo così un’eccellenza unica. Su questo aspetto è stato molto concorde anche il professor Russo. Ma soprattutto è emersa la voglia di riuscire a fare sistema, sviluppare la capacità di fare rete, di mettersi insieme per definire delle modalità produttive comuni ed orientati al vantaggio di tutti che, inevitabilmente diventa vantaggio per ognuno. Lo stesso sindaco di Amaseno, Antonio Como, ha sollecitato la collaborazione delle singole amministrazioni a lavorare per il comune obiettivo di promuovere le eccellenze del territorio.
La risposta dei docenti dell’Università degli studi di Cassino e del basso Lazio è stata articolata e propositiva. Il professor Luigi Ferrigno ha rimarcato l’opportunità, per le imprese interessate, di accedere a progetti pilota sullo sviluppo tecnologico sull’agrifood, sono progetti finanziati dai programmi operativi regionali (Por), fra essi è compresa la trasformazione dei reflui zootecnici. I costi del progetto ante-gara saranno finanziati dalla Banca Popolare del Cassinate.
Il professor Gianni Betta ha illustrato “Romatecnopol”, una pianificazione finanziata dal PNRR in cui la sinergia fra diverse università regionali, comprendente quella di Cassino e l’università della Tuscia, devono interfacciarsi con i comparti agricoli regionali per definire le figure professionali necessarie da formare per rendere maggiormente efficaci le aziende del territorio. Il professor Alessandro Marino, esperto di robotica, ha illustrato il percorso di un progetto che l’università di Cassino sta seguendo, finanziato dal PNRR per 8 milioni, su bandi agritech, inerente la robotica applicata alla coltivazione dell’uva. E’ interessante il fatto che tale programmazione è stata strutturata su richiesta dei viticoltori, e dunque possono essere le stesse aziende, in sinergia con le università a progettare i bandi, in base alle loro esperienze.
La proposta che i professori dell’università di Cassino hanno avanzato agli allevatori, a consuntivo del confronto, vede la selezione di pochi bandi specifici finanziati dal POR e dal PNRR a cui aderire. E, su questa scelta, operare la selezione di alcune aziende pilota, in grado di portare avanti i progetti, i cui benefici, in caso di successo possono estendersi a tutta la filiera. La proposta si basa sulla definizione di alcune aeree tematiche in cui i soggetti possono decidere di contribuire per precisare la strutturazione dei bandi. Nello specifico si tratta di pianificare tavoli dedicati: alla formazione, all’ambiente e alla logistica, alla valorizzazione delle peculiarità e al coordinamento. Gli accademici hanno suggerito una selezione delle aziende pilota su base volontaria, gli allevatori invece hanno proposto che fosse la stessa università a scegliere i soggetti maggiormente strutturati dopo aver visitato le aziende. A proposito di visita alle aziende il convegno si è concluso con un pranzo presso il caseificio Nonna Pitta, che ha deliziato i partecipanti con il frutto della propria produzione di eccellenza, fra formaggi, mozzarelle di bufala e carne bufalina.
Articolo a cura di Luciano Granieri, Network Re.La.Te. e coordinatore di Radio GRIDA